Una finestra sul mondo: Consagra e Zanuso per il Parco di Collodi

Una finestra sul mondo: Consagra e Zanuso per il parco di Collodi è una mostra on line, a cura di Arianna Bechini e Emanuela Ferretti, che approfondisce il contributo di Pietro Consagra (1920-2005) e Marco Zanuso (1916-2001) nel lungo e complesso iter progettuale e realizzativo del parco di Pinocchio a Collodi – Pescia (Pistoia).
Il percorso espositivo si sviluppa in cinque sezioni che, da una visione generale sui parchi tematici e i parchi gioco degli anni Cinquanta-Sessanta del Novecento, giunge ad un approfondimento dei contenuti del progetto Zanuso-Consagra, evidenziandone i riferimenti concettuali ed espressivi, nonché i caratteri innovativi.
Il Parco di Pinocchio (1951-1972) è un’opera collettiva che ha visto collaborare numerose personalità del mondo della cultura, dell’arte e dell’architettura italiana, come una stratificata bibliografia ha ben evidenziato, riconoscendo i singoli contributi nelle articolate vicende che hanno segnato l’iniziativa, anche se il ruolo di Zanuso è stato delineato solo in tempi recenti (cfr. sezione 2).
Nel progetto di Zanuso e Consagra (1951-1953, 1956-1963) per il Parco di Collodi si integrano armoniosamente arte, architettura, natura e gioco in una dimensione del tutto originale nel contesto cronologico e culturale in cui l’ideazione e la realizzazione prendono forma. Negli anni Cinquanta-Sessanta, infatti, si assiste da un lato a nuove sperimentazioni sul tema arte-gioco, dall’altro allo sviluppo della progettazione di luoghi di intrattenimento, specificatamente pensati per i bambini, con esempi in cui le due dimensioni si contaminano proficuamente. (cfr. sezione 1)
Nello specifico esempio collodese, i bambini vengono avvicinati al testo di Lorenzini attraverso il medium dell’arte contemporanea (nel senso di arte che utilizza linguaggi consentanei all’espressività del proprio tempo) e la forma ludica, integrata all’arte, avrebbe dovuto essere un carattere connotativo del progetto. Si noterà che in Italia questa linea era stata precocemente percorsa da Maria Montessori (1870-1952) influenzata, in questo versante del suo progetto pedagogico, anche dalla esperienza di Francesco Randone, a sua volta vicino ai futuristi italiani.
Nelle difficoltà economiche e nel protrarsi dei lavori sono individuabili le maggiori cause del ridimensionamento dell’iniziativa di Collodi. Ciò che vediamo oggi, infatti, rispecchia solo in parte il progetto di Zanuso e Consagra.
Il parco di Collodi si compone di tre parti principali: l’area del Monumento a Pinocchio (1953-1956), con le opere di Venturino Venturi e Emilio Greco (che esulano dalla presente trattazione); il Giardino di Pinocchio (1953-1963), progettato da Zanuso per raccontare la storia di Pinocchio attraverso le sculture di Consagra; il Paese dei Balocchi (1953-1963), progettato da Zanuso, per evocare luoghi di avventure per ragazzi. Nelle ultime due aree, la sistemazione a verde è stata curata da Pietro Porcinai (1910-1986), coinvolto da Zanuso in una fase piuttosto avanzata del progetto (1963-1972), con trasformazioni e inserimenti approfonditi da una vasta letteratura.
Nel Giardino di Pinocchio, in particolare, la narrazione della storia del burattino si palesa vividamente attraverso l’integrazione fra scultura, progetto architettonico-paesaggistico ed elementi vegetali, a materializzare una cornice che stimola l’interazione e la creatività. Nel Paese dei Balocchi, inoltre, viene plasmato artificialmente uno specifico luogo per il gioco, con micro-architetture proporzionate al visitatore bambino, o veri e propri oggetti di design a grande scala. Tale azione progettuale è informata dai più avanzati orientamenti della coeva pedagogia e si mostra in sintonia con le connessioni fra la nuova centralità del childhood e cultura progettuale. Si tratta, infatti, di istanze e orientamenti che stavano trovando significative declinazioni nelle ‘sculture ludiche’ di Egon Møller Nielsen (1915-1959), Joseph Brown (1909-1985) e Josef Seebacher-Konzut (n.c.), proiettate e diffuse nel dibattito internazionale nell’ambito della pubblicistica di settore, dei congressi e delle mostre, entrando anche in specifici progetti pubblici (come nel caso della municipalità di Vienna negli anni Cinquanta), o programmi didattici universitari (come nel caso di Brown alla School of Architecture a Princeton, negli stessi anni, con la sua Play community).
Il tema arte-gioco-educazione, inoltre, avrebbe trovato una ulteriore cristallizzazione proprio in quegli stessi anni Cinquanta nelle attività di alcuni grandi musei del mondo, come al MoMa di New York con Victor D’Amico, al MASP di San Paolo con Pier Maria Bardi.
La forma mentis che informa la proposta Zanuso-Consagra rivela, inoltre, la piena comprensione dell’importanza che la accurata progettazione di luoghi pubblici, deputati all’attività ludica del bambino, poteva avere nello sviluppo di un processo virtuoso di crescita dell’individuo nella società e nella promozione di nuove forme di convivenza civile. A titolo di esempio, si ricorderà Il primo Playground, a Bertelmanplein-Amsterdam (1947), che viene presentato da Aldo Van Eyck durante il X CIAM (Congrès Internationaux d’Architecture Moderne) di Dubrovnik nel 1956, anche se era stato già citato con interesse da Sigfried Giedion negli atti del VIII CIAM del 1951.
Appare dunque utile rileggere la vicenda del Parco di Collodi nel contesto internazionale, evidenziando così i caratteri peculiari dell’iniziativa pesciatina e i punti di contatto con alcuni interventi coevi, pur nelle specificità dei singoli casi.
Per questa ricerca sono stati consultati documenti conservati presso l’Archivio della Fondazione Nazionale Carlo Collodi [Collodi-Pescia, (AFNCC)]; l’Archivio di Stato di Pescia; l’Archivio Pietro Porcinai [Firenze, (APP)]; il Fondo Marco Zanuso – Archivio del Moderno [Balerna-Svizzera, (ADM)].

I. FORME LUDICHE DELL’ARTE E DELL’ARCHITETTURA NEGLI SPAZI APERTI (DAL DOPOGUERRA AGLI ANNI SESSANTA)

Nel primo dopoguerra, si assiste a una rinnovata fortuna del parco tematico per i ragazzi e, più in generale, ad una nuova centralità delle questioni che ruotano intorno al mondo del bambino. Nell’ambito dei recreation places si possono riconoscere due tipologie principali: aree verdi che prendono spunto dalla narrativa per l’infanzia unendo vari media espressivi, come accade per il parco di Eftling (Paesi Bassi), ispirato alle fiabe dei fratelli Grimm e Disneyland-Los Angeles; spazi all’aperto per i bambini, dove la spiccata qualità artistica e architettonica favorisce finalità socio-culturali (come nel caso dei Playground di Van Eyck) o commerciali/turistiche (fra cui si distingue il contributo teorico di Ladislav Sutnar), oltre ad essere iniziative legate a specifici brand come Legoland-Billund in Danimarca, debitore a sua volta dell’esperienza di Madurodam nei Paesi Bassi.
Il Parco di Pinocchio accoglie alcuni elementi di entrambe le tipologie sopra richiamate, ma l’ibridazione fra le varie componenti ne fa – a quella data – un’esperienza del tutto unica.

Tufsen, scultura ludica in cemento misto a marmo di Egon Ego Møller Nielsen presso Humlegarden a Stoccolma, 1949 (foto attuale).

Tufsen, scultura ludica in cemento misto a marmo di Egon Ego Møller Nielsen presso Humlegarden a Stoccolma, 1949 (foto attuale).

II. CONSAGRA E ZANUSO A COLLODI

Nel 1951 il programma politico di Rolando Anzilotti (1919-1982), sindaco di Pescia, prevedeva la realizzazione di un monumento a Carlo Lorenzini (poi a Pinocchio), che contribuisse anche a riqualificare la zona depressa di Collodi. Il critico e collezionista Lamberto Vitali (1896-1992) collabora strettamente col sindaco all’organizzazione di un concorso (1953) rivolto ad artisti e architetti, e concepito da subito su scala nazionale. Il testo del bando intercetta alcune delle istanze sopra evidenziate: dialogo tra arte, architettura e aree verdi appositamente progettate che, senza retorica, sviluppasse un nuovo approccio al racconto di Lorenzini. Le relazioni tra i vari protagonisti della vicenda organizzativa e progettuale si dipanano inoltre sull’asse Firenze-Milano, determinando i destini successivi del parco e, al contempo, condizionandone l’esito finale.
L’articolata proposta Consagra-Zanuso non risulta vincitrice al concorso, ma comunque compare fra i progetti segnalati e, fin dalla inaugurazione del Monumento a Pinocchio (luglio 1956), risultano trattative per l’acquisto di terreni finalizzati all’ampliamento del parco da realizzare su loro progetto.
La disponibilità di un’area di circa due ettari permette di sviluppare la proposta Consagra-Zanuso attraverso la creazione di due distinte zone del nuovo parco, il Giardino di Pinocchio e il Paese dei Balocchi. Nella prima, si sviluppa un percorso sinuoso e orograficamente mosso nel verde (su disegno di Zanuso) dove l’incontro con le sculture di Consagra evoca specifici episodi del racconto letterario. La seconda zona è quella in cui il progetto originario è stato maggiormente ridimensionato e rivisto. Il successivo coinvolgimento del paesaggista Pietro Porcinai (dal 1963 all’inaugurazione del 1972) arricchirà ulteriormente i contenuti del progetto, grazie alla sua grande esperienza e sensibilità, dimostrata anche nella direzione (con Vittoriano Viganò) della sistemazione del Parco del Sempione nell’ambito della X Triennale del 1954, per cui riceve il “Gran Premio” della giuria della manifestazione.
La proposta di Zanuso per il Paese dei Balocchi doveva incardinarsi su micro-architetture (vere e proprie Play Architectures) ideate per dar corpo ad uno scenario per attività ricreative di gioco libero per i ragazzi. Si noterà che si accede a questa seconda area dopo aver condiviso con Pinocchio il suo percorso di trasformazione/crescita/redenzione (percorrendo il Giardino di Pinocchio), acquisendo così la maturità e la consapevolezza necessarie per immergersi in questa dimensione ludica senza smarrire la ‘retta via’.
Il tema dell’interazione tra fruitore bambino e scultura o micro-architettura “da gioco” è sviluppato, infatti, da Consagra e Zanuso in un’ottica ludico-educativa che valorizza il percorso catartico della narrazione collodiana. Per rispondere a questo obiettivo, alcune sculture e alcuni episodi delle avventure per ragazzi erano stati originariamente concepiti con una animazione di suoni, luci, movimento e giochi d’acqua. Ad esempio, la scultura del Grillo doveva parlare, quella del Granchio schizzare acqua (effetto realizzato) e il Serpente doveva fumare dalla coda (effetto realizzato).

Veduta aere del Giardino di Pinocchio e Paese dei Balocchi (ampliamento di Consagra, Zanuso e Porcinai, 1956-1972).

III. “EFFETTO PINOCCHIO”: CON LO SGUARDO DI CONSAGRA

Il linguaggio che caratterizza le sculture di Pietro Consagra per il Giardino di Pinocchio si differenzia notevolmente dalla linea espressiva dei suoi esordi (e in particolare negli anni del Gruppo Forma 1 , 1946-1949) e dell’attività successiva. La tipologia di commissione, d’altra parte, indirizza l’artista verso una sua originale figuratività, che mostra tangenze con alcuni esiti della pittura espressionista. In particolare, le figure dell’Asino, del Gatto e della Volpe sembrano guardare a opere di Franz Marc (1880-1916), mentre le figure della Fata e del Carabiniere, nella loro esasperata gestualità, mostrano tangenze con opere di Otto Dix (1891-1969) e George Grosz (1893-1959), a costituire così una ulteriore testimonianza della rinnovata fortuna che l’espressionismo tedesco stava avendo nell’Italia del dopoguerra. Già Johan Huizinga (1870-1945) aveva evidenziato che: «La selvaggia bizzarria delle maschere dei popoli primitivi, l’intreccio di figure sui feticci, il magico miscuglio di motivi ornamentali, il contorcimento caricaturale di figure umane e animalesche, suscitano nella mente l’associazione con la sfera ludica». (Homo Ludens, I ed. 1938, edizione italiana 1946). Le ricerche delle avanguardie avevano, del resto, mostrato le connessioni fra la potenza dell’istinto creativo dell’arte primitiva e l’espressività dei bambini, tematica ben enucleata – per esempio – nella mostra monografica dedicata alle opere della fase pre-adolescenziale e adolescenziale di Dahlov Ipcar (1917-201), curata da Victor D’Amico al MoMa di New York nel 1939-40.
Le scelte di Consagra per le sue sculture lo collocano, inoltre, in una lunga linea di ricerca sul tema scultura-gioco-movimento, esplorato precocemente (1930-1933) nei games boards di Alberto Giacometti (1901-1966) e che, concettualmente, si dipana nelle sperimentazioni di Jean Tinguely (1925-1991) e Alexander Calder (1898-1976), mentre la meravigliosa natura di Pinocchio – burattino senza fili e prefigurazione di ‘macchina’ dall’intelligenza umana – delinea un versante originale delle tematiche arte-educazione-industria affrontate, ancora una volta, dalle avanguardie a inizio Novecento e poi in seno al Werkbund e al Bauhaus. Una scultura bronzea dotata di movimento era stata accolta nel progetto del giardino cubista di Gabriel Guevrekian per villa Noailles in Francia (1926).

Pinocchio che saluta di Pietro Consagra per il Giardino di Pinocchio, 1953-1972. Interessante notare come il protagonista della storia compaia solo alla fine del percorso, introducendo il ‘visitatore bambino’ al Paese dei Balocchi (AFNCC, Ct. Disegni Paese dei Balocchi).

Pinocchio che saluta di Pietro Consagra per il Giardino di Pinocchio, 1953-1972. Interessante notare come il protagonista della storia compaia solo alla fine del percorso, introducendo il ‘visitatore bambino’ al Paese dei Balocchi (AFNCC, Ct. Disegni Paese dei Balocchi).

IV. “EFFETTO PINOCCHIO”: CON LO SGUARDO DI ZANUSO

Le valenze artistiche, pedagogiche culturali prefigurate da alcuni artisti – fra Europa e Stati Uniti – trovano un importante punto di accumulazione nella mostra Playground Sculptures al MoMA (1954, 30 giugno-22 agosto). A questo evento 360 artisti inviano le proprie opere e il primo premio viene assegnato a Virginia Dortch Dorazio con il Fantastic Village, che viene riproposto alla X Triennale di Milano nel Parco del Sempione (1954, 28 agosto-15 novembre). Quest’ultima era stretta collaboratrice del marito Piero Dorazio, membro del Gruppo Forma 1 (cfr. Sezione 3), fondato assieme a Consagra ed altri aristi. L’organizzazione dell’area esterna della Triennale, che accoglie anche il Labirinto dei bambini dei BBPR (arricchito dai graffiti di Saul Steinberg e da una scultura di Calder), è curata da Pietro Porcinai e Vittorio Viganò (riferimento fondamentale per il progetto di Zanuso a Collodi), come si è già ricordato. Nella stessa Triennale, Zanuso è membro della giunta tecnica e riceve la medaglia d’oro per il divano  Sleep-o-Matic disegnato per Arflex.
Le scelte progettuali di Marco Zanuso a Collodi sono radicate nella cultura modernista, che nel dopoguerra aveva affrontato il tema della progettazione dello spazio ludico nelle sue valenze educative e sociali, come ben esemplificato dalla precoce esperienza dei Playgrounds di Van Eyck (cfr. Introduzione). Il progetto collodese si caratterizza, tuttavia, per una maggiore complessità, in quanto l’architetto deve confrontarsi con un testo letterario e, al contempo, con la configurazione ex novo di uno spazio aperto e il suo allestimento: Zanuso contamina la grande trazione del giardino manierista e barocco – con i suoi “edifici-scultura”, i ninfei e le grotte – e i linguaggi (espressivi e materici) della propria contemporaneità, dispiegando la forma mentis propria dell’architetto-designer. Questo aspetto, in particolare, trova una significativa concretizzazione nella Balena: i ‘prototipi’ cinque-seicenteschi vengono qui intersecati con alcuni esiti della ricerca artistico-architettonica coeva, fra cui si possono ricordare le cupole di Richard Buckminster Fuller (1895-1983), gli edifici-scultura di Frederick Kiesler (1890-1965) e di Vittorio Giorgini (1926-2010), e il Placentarium di Piero Manzoni (1933-1963).
È giunto a noi un solo schizzo preparatorio del master plan del progetto di Zanuso, conservato in forma di fotografia. Questo disegno, definito in modo rapido e con tratto fluido, evoca diagrammi onirici riconducibili al cosiddetto espressionismo organico. Tale modus operandi mostra assonanze con metodologie operative di Burle Marx (1909-1994), con cui l‘architetto-designer milanese condivide la trasversalità della propria operatività e la sua predilezione per «forme alla Arp» (come Gillo Dorfles aveva qualificato l’opera del paesaggista brasiliano, commentandone il linguaggio sulle pagine di Domus nel 1956). Una connessione puntuale si riconosce, inoltre, nella scelta di arricchire il Paese dei Balocchi con un vascello corsaro, come si vede nel Parque del Est di Caracas (1956-1961) di Burle Marx. Zanuso progetta per Collodi una grande imbarcazione ‘storica’, sottoponendo tuttavia il modello a un originale processo di astrazione: l’architetto milanese concepisce, infatti, una nave in muratura che ibrida le forme del natante e dell’edificio, mantenendo solo l’evocatività di una imbarcazione antica; tale manufatto verrà poi ulteriormente semplificato e riletto in chiave modernista nell’assetto definitivo, che si presenta ora con un aspetto quasi brutalista per la mancata messa in opera del rivestimento policromo a mosaico, originariamente previsto da Zanuso (cfr. Sezione 2).

Marco Zanuso, Master Plan del progetto per Collodi, 1958 (ADM, Fondo Marco Zanuso).

Marco Zanuso, Master Plan del progetto per Collodi, 1958 (ADM, Fondo Marco Zanuso).

V. “PINOCCHIOLOGIA”: FASCINAZIONI DI UNA PERFORMATIVITÀ DISATTESA

L’intento, purtroppo in gran parte disatteso, di Zanuso e Consagra era dunque quello di creare una cornice ideale per opere d’arte e ‘oggetti’ che, come scrive J. M. Richards, «must be physically, as well as visually, experienced» (Architectural Review, 1 agosto 1954, p. 121), a creare un microcosmo in cui avrebbero dovuto convergere le più avanzate esperienze sul tema del playground equipment e della playsculpture, che Wayne Williams da un alto e Alfred Ledermann con Alfred Trachsel dall’altro avrebbero analizzato in due fondamentali volumi, usciti rispettivamente nel 1958 e nel 1959, fornendo un quadro estremamente vivido di quanto era stato realizzato (o si stava realizzando) nel mondo su questo tema. Si noterà, per inciso, che nella panoramica offerta da Williams sui Recreation Places (volume conservato nella biblioteca allegata all’archivio professionale di Marco Zanuso), nell’ambito del capitolo dedicato ai Places where recreation occurs, viene dato spazio anche al Mercato dei fiori di Pescia di Brizzi, Gori, Ricci, Savioli.
Il volume di Williams dedica, inoltre, molto spazio ai progetti in cui i bambini hanno un ruolo non solo di fruitori ma di veri e propri protagonisti, proprio nel senso della già citata play community, concepita da Brown e ben illustrata dallo stesso scultore americano nelle pagine del volume. Diviene quindi a nostro avviso esemplare l’episodio del Villaggio di Pinocchio, una micro-architettura realizzata nell’area del Giardino di Pinocchio a Collodi, che riprende alcuni aspetti del Labirinto dei bambini della X Triennale del 1954, sviluppando il concetto di interattività che avvicina all’arte, pienamente in linea con le già ricordate ‘azioni’ sviluppate da D’Amico al MoMa e da Bardi al MASP di San Paolo (attività, queste ultime, evidenziate da Gio Ponti in un articolo su Domus del 1953). L’assetto attuale del Villaggio è molto diverso dalla configurazione astratta ideata inizialmente, offrendo tuttavia uno spazio che doveva consentire ai bambini di realizzare liberamente la propria ‘arte’ sulla superficie muraria, seconda una modalità già sperimentata nel playground del quartiere Wipkingen a Zurigo, allestito dall’architetto Alfred Trachsel nella prima metà degli anni Cinquanta.

Copertina volume di A. Ledermann, A. Trachsel, Playgrounds and Recreation Centers, New York, Praeger, 1959.

Copertina volume di A. Ledermann, A. Trachsel, Playgrounds and Recreation Centers, New York, Praeger, 1959.